Questo è FINANZA OSCURA il Podcast di Tiscali Risparmio che racconta le crisi e le truffe finanziarie più importanti della storia. In questa puntata parleremo della crisi del Debito Sovrano europeo, o crisi della Zona Euro, ovvero della crisi finanziaria europea più importante di questo secolo che ha messo in serio pericolo la sopravvivenza della moneta unica.
E’ esplosa nel corso del 2010 come conseguenza della precedente crisi finanziaria dei mutui subprime che aveva inasprito i problemi delle economie europee e fatto crescere l’avversità al rischio da parte dei mercati finanziari. Le cause più profonde della crisi sono però europee e in particolare sono due: le politiche di bilancio poco rigorose di alcuni paesi europei e i limiti dell’architettura dell’Eurozona.
Il punto di avvio della crisi è l’autunno del 2009, quando il nuovo premier greco Papandreou rivela pubblicamente che i bilanci economici trasmessi dai precedenti governi greci all’Unione Europea erano stati falsificati con l'obiettivo di garantire l'ingresso del suo Paese nella Zona Euro.
La notizia non è priva di conseguenze e alimenta i dubbi del mercato sulla capacità della Grecia di rimborsare il suo enorme debito pubblico ovvero alimenta il timore di un default greco. Ad aprile del 2010 le agenzie di rating declassano a junk bond (titoli spazzatura) i titoli di Stato emessi da Atene.
Per rassicurare i mercati ed evitare un inasprimento della crisi finanziaria gli altri paesi dell’Eurozona e il Fondo monetario internazionale approvano un piano di salvataggio per la Grecia da 110 miliardi di euro, subordinato però alla realizzazione di severe misure di austerità, ovvero di robusti tagli alla spesa pubblica e drastici aumenti delle entrare fiscali.
E’ l’inizio di un momento storico drammatico per la Grecia che in cambio di nuovi aiuti finanziari da parte della troika di creditori (Fmi, Unione Europea e Bce) è costretta a varare riforme economiche all’insegna dell’austerità sempre più dure che fanno precipitare il paese in una crisi economica e sociale senza precedenti nella storia moderna europea, con la popolazione greca ridotta allo stremo delle forze. Una crisi sociale che si sarebbe potuta evitare in quanto causata più che da valide ragioni economiche dal rigore imposto con la forza dalla Germania e dai suoi alleati del Nord Europa.
I timori dei mercati sulla sostenibilità del debito pubblico e di un default greco rapidamente si estendono al resto del Continente colpendo i paesi con le finanze pubbliche più fragili, ovvero gli altri paesi che completano la lista dei PIIGS, termine dispregiativo con cui oltre alla Grecia sono indicati anche Portogallo, Irlanda, Italia e Spagna.
Il debito sovrano dei paesi europei nel corso del 2010 è colpito da un’ondata di declassamenti da parte delle agenzie di rating. Nel tentativo di rassicurare i mercati e assicurare la stabilità finanziaria dell’Eurozona i governi europei approvano una serie di misure di intervento. Ma il tentativo non riesce e la crisi prosegue.
Nel 2011 la turbolenza colpisce in particolar modo l’Italia, il paese con il debito pubblico più grande di tutta l’Eurozona. Nel mirino degli investitori finiscono i Btp, ovvero i titoli di Stato emessi dal governo italiano. Il differenziale del rendimento tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi, noto anche come Spread, inizia a crescere velocemente. A luglio è a quota 211 punti, ad agosto sale a 400 punti, il 9 novembre raggiunge il record di 575 punti.
L’11 novembre il presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, si dimette. Prende il suo posto, alla guida di un governo tecnico, l’economista Mario Monti, che analogamente a quanto accaduto in Grecia attua un durissimo programma politico basato sui tagli alla spesa pubblica e sull’aumento delle entrate fiscali.
L’Italia riesce a evitare l’intervento della Troika e dunque il commissariamento ma resta nel mirino della speculazione che puntando sulle debolezze strutturali dell’Eurozona e sulle divisioni politiche degli Stati membri, punta apertamente sulla fuoriuscita del nostro Paese dall’euro e dunque sul fallimento della moneta unica europea.
La svolta arriva però nell’estate del 2012 quando il presidente della Bce, Mario Draghi, in un discorso tenuto alla Global Investment Conference di Londra, pronuncia la famosa frase "whatever it takes" per spiegare che la Banca centrale europea avrebbe fatto tutto il necessario per preservare l'integrità dell'euro e stabilizzare i mercati finanziari dell'eurozona.
Promessa che il banchiere centrale italiano mantiene con il varo di importanti misure che di fatto, nonostante la contrarietà della Germania e degli altri paesi rigoristi del Nord Europa, superano i limiti mostrati dalla Bce fino ad allora nell’affrontare la crisi finanziaria.
Nel settembre del 2012 Draghi presenta le Outright Monetary Transactions, ovvero un piano di acquisto diretto da parte della BCE dei titoli di Stato a breve termine (con scadenza da 1 a 3 anni) emessi da paesi in difficoltà della zona euro. Nel 2015 vara un quantitative easing di ben 1.100 miliardi di euro per sostenere ulteriormente il mercato dei titoli di Stato europei.
La determinazione di Draghi spegne la speculazione finanziaria. Lo spread tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi cala rapidamente e nel corso del 2015 scende addirittura sotto quota 100 punti. Anche il paese più colpito dalla turbolenza, la Grecia, riesce a evitare il default e la crisi del Debito sovrano europeo viene alla fine superata ma non in modo definitivo.
Ancora oggi, a distanza di più di 10 anni, l’architettura dell’euro rimane fragile a causa delle divisioni politiche che contrappongono i paesi rigoristi del Nord, guidati dalla Germania, a quelli mediterranei del Sud. Sul piano dell’integrazione finanziaria passi importanti in avanti sono stati fatti, in particolare nel 2020 sotto la spinta della grave crisi economica causata dalla Pandemia Covid 19, ma la moneta unica continua a sembrare un progetto incompleto che va portato a termine. E occorrerebbe farlo prima dello scoppio di una nuova importante crisi finanziaria.