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Il crack Cirio: un trauma per 35 mila risparmiatori italiani

Michael Pontrellidi Michael Pontrelli   

Questo è FINANZA OSCURA il Podcast di Tiscali Risparmio che racconta le crisi e le truffe finanziarie più importanti della storia. In questa puntata parleremo del default del gruppo Cirio, una delle pagine nere della finanza italiana, che ha coinvolto 35 mila risparmiatori.

La vicenda ha inizio nel 1991 con la nascita della Cragnotti & Partners Investments, holding finanziaria facente capo a Sergio Cragnotti. Nel corso degli anni ’90 la società è protagonista di una serie di acquisizioni tra le quali figura anche il Gruppo Cirio e la Società Sportiva Lazio, che negli anni successivi darà all’imprenditore romano fama nazionale grazie alla conquista di uno scudetto e di una coppa delle coppe.

Lo shopping non si ferma. Cragnotti acquista dal Comune di Roma il 75% della Centrale del Latte e rileva la Del Monte Royal. Quest’ultimo acquisto è molto costoso e la struttura finanziaria della Cragnotti & Partners Investments ne risente pesantemente.

L’architettura del gruppo è complessa. Al vertice c’è la Cragnotti & Partners Investments che controlla il 98,3% della Cirio Holding Spa che a sua volta detiene il 63% della Cirio Finanziaria, sotto la quale compaiono un’infinità di partecipate.

Alla fine del 2000 il gruppo ha un'esposizione debitoria allarmante nonostante una robusta crescita del fatturato. A fronte di investimenti a lunga scadenza pesano i debiti di breve periodo verso le banche. Per far fronte alle necessità finanziarie il gruppo Cirio emette una serie di obbligazioni per un importo complessivo di 1,125 miliardi di euro.

L’emissione delle obbligazioni (note come Cirio Bond) avviene attraverso società veicolo costituite appositamente per questo tipo di operazioni finanziarie. I titoli sono collocati da alcune banche d’affari senza un prospetto informativo e con una attribuzione arbitraria del rating. L’organo di vigilanza italiana, la Consob, non interviene e per questa ragione negli anni successivi non sarà risparmiata dalle critiche.

L’emissione dei Cirio Bond consente a Cragnotti di allungare la scadenza del debito e di spostare il peso dell’indebitamento dalle banche alle obbligazioni. La ristrutturazione del debito non risolve però i problemi finanziari perché il gruppo non riesce a generare risorse sufficienti per pagare gli obbligazionisti.

A novembre del 2022 una delle società del gruppo, la Cirio Finance Luxemburg, dichiara l'incapacità di rimborsare obbligazioni per 150 milioni di euro e fa scattare il default.

Per provare a salvare il gruppo Cragnotti si affida a un pool di advisor per varare una nuova ristrutturazione del debito. Il piano, elaborato a maggio del 2003, prevede la trasformazione di parte dei debiti in azioni della Cirio Finanziaria emesse con aumento di capitale. Questa operazione comporta dunque la rinuncia da parte degli obbligazionisti e delle banche a parte dei lori crediti verso l’azienda.

Il piano viene approvato dalla Consob ma per poter essere varato deve essere approvato anche dall’assemblea degli obbligazionisti. Quest’ultimi tuttavia bocciano l’operazione e il 7 agosto del 2003 il Tribunale di Roma sentenzia lo stato di insolvenza.

Il gruppo Cirio viene commissariato. Sergio Cragnotti viene iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Roma e nel febbraio del 2004 viene arrestato. Inizia una lunga telenovela giudiziaria. L’imprenditore romano respinge le accuse affermando di aver sempre agito nell’interesse dell’azienda ma in primo grado, nel 2011, viene condannato a 9 anni di reclusione. La vicenda si conclude definitivamente solo nel 2021 con la condanna definitiva da parte della Cassazione a 5 anni e 3 mesi.

Il default è stato un trauma per 35 mila risparmiatori che hanno pagato anche gli errori commessi dalla Consob e dagli Istituti di credito italiani che hanno spinto i loro clienti a sottoscrivere titoli tossici e poco trasparenti.

Nel crack Cirio è stato coinvolto anche l’ex presidente di Banca di Roma, Cesare Geronzi, che nel 2017 è stato condannato dalla Cassazione in via definitiva a 4 anni di carcere.

Michael Pontrellidi Michael Pontrelli   
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