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La crisi dei Mutui Subprime: quando l’Occidente ha sfiorato una nuova Grande Depressione

Michael Pontrellidi Michael Pontrelli   

Questo è FINANZA OSCURA il Podcast di Tiscali Risparmio che racconta le crisi e le truffe finanziarie più importanti della storia. In questa puntata parleremo della crisi dei mutui subprime scoppiata alla fine del 2006 negli Stati Uniti, che ha avuto gravissime conseguenze in America e in Europa innescando la peggior crisi economica dai tempi della Grande Depressione, nota anche come la Grande Recessione. Prende il nome dai mutui subprime  ovvero dai mutui ipotecari ad alto rischio concessi dalle banche americane per l’acquisto di nuove abitazioni.

All’origine di questa crisi c’è la bolla immobiliare americana esplosa tra il 2000 e il 2004 grazie al basso costo del denaro deciso dalla Fed per contrastare le conseguenze negative della crisi della new economy. A partire dal 2003 la bolla immobiliare è stata però fortemente alimentata  dalla propensione delle banche a concedere mutui ad alto rischio, ovvero prestiti a clienti classificati come subprime che in condizioni normali non avrebbero ottenuto nessun credito, in quanto non in grado di fornire sufficienti garanzie.

La nuova politica delle banche nella concessione dei mutui rischiosi fu il risultato dello sviluppo delle cartolarizzazioni ovvero la possibilità per gli istituti di credito di trasformare i mutui in titoli obbligazionari e di trasferirli (ovvero venderli nel mercato finanziario) a soggetti terzi. Grazie a questa pratica le banche recuperavano immediatamente buona parte del credito concesso e trasferivano il rischio agli acquirenti dei titoli cartolarizzati.

Le operazioni di cartolarizzazione consentivano alle banche di generare immensi profitti ma allo stesso tempo generavano prodotti finanziari strutturati molto complessi, poco standardizzati e poco liquidi noti con il termine di CDO (Collateralized Debt Obligations). Obbligazioni opache, con un livello di rischiosità difficile da valutare anche per le agenzie di rating che tuttavia non sono esenti da colpe negli sviluppi della crisi.

A far precipitare gli eventi, ovvero a far scoppiare la crisi, anche in questo caso è l’aumento dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve, avviato a partire dall’inizio del 2004 in risposta alla ripresa dell’economia americana. Con l’innalzamento del costo del denaro i mutui divennero sempre più costosi e aumentarono i casi di insolvenza delle famiglie, incapaci di restituire rate sempre più onerose.

L’aumento delle insolvenze fece scoppiare la bolla immobiliare e spinse le agenzie di rating a declassare i titoli cartolarizzati che iniziarono rapidamente a perdere valore, causando ingenti perdite ai soggetti che li avevano acquistati. Tra questi figuravano anche importanti banche d’affari come Lehman Brothers, che puntando sulla tenuta del mercato immobiliare americano aveva investito pesantemente sulle obbligazioni cartolarizzate con una leva finanziaria molto elevata, ovvero utilizzando una grande quantità di debito per finanziarie i propri investimenti.

Lehman Brothers pur essendo una delle banche d’affari più potenti di Wall Street non ottenne supporto finanziario né da parte delle autorità americane (Tesoro e Federal Reserve)  né da parte delle altre banche private e il 15 settembre del 2008 avviò le procedure fallimentari, diventando il più grande fallimento bancario della storia, con un’esposizione debitoria stimata di circa 613 miliardi di dollari

Per i mercati fu un vero e proprio shock che inevitabilmente alimentò forti preoccupazioni sulla solidità del sistema finanziario americano ed europeo, tra loro strettamente legati. Preoccupazioni che innescarono una forte ondata di vendite su tutti i principali mercati azionari.

L’intensità della crisi costrinse le autorità americane a intervenire per evitare il collasso del sistema capitalistico e lo scoppio di una nuova Grande Depressione, analoga a quella esplosa dopo il crollo di Wall Street del 1929.

A partire da novembre del 2008 il governo americano intervenne con un robusto piano di salvataggi degli istituti di credito in difficoltà, attraverso nazionalizzazioni e acquisto dei titoli cartolarizzati tossici. Operazioni finanziate dall’imponente quantitative easing della Federal Reserve, ovvero dalla stampa di migliaia di miliardi di dollari, immessi nel sistema a tassi di interesse prossimi allo zero.

La crisi finanziaria rapidamente raggiunse anche l’Europa e analogamente a quanto fatto dalle autorità americane anche quelle europee dovettero intervenire per evitare la catastrofe. Massicci piani di salvataggio per gli istituti di credito in difficoltà vennero lanciati nel Regno Unito, in Francia, in Germania e in numerosi altri paesi europei.

L’intervento delle autorità non ha impedito però l’avvio di una lunga e dolorosa correzione dei mercati azionari, terminata solamente a marzo del 2009 con un crollo complessivo del Dow Jones del 54% rispetto ai massimi raggiunti nell’ottobre del 2007.

A differenza di altre crisi finanziarie precedenti questa volta anche l’economia reale dovette pagare un prezzo molto salato. Lo scoppio della bolla immobiliare, il crollo dei mercati azionari e le restrizioni del credito alle imprese e alle famiglie (note anche come credit crunch) produssero un impatto fortemente negativo sul reddito e sulla crescita, innescando la peggiore crisi economica dai tempi della Grande Depressione, nota anche come la Grande Recessione, che termina solamente nel 2009.

In Europa il momento difficile dura più a lungo che negli Stati Uniti, con lo scoppio, a partire dal 2010, di una seconda crisi finanziaria legata alla Crisi Subprime, quella del Debito Sovrano, che travolge i paesi europei con le finanze pubbliche più fragili, noti anche come PIIGS, ovvero Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna.

La crisi dei Mutui Subprime ha rappresentato un momento drammatico nella storia del sistema capitalistico occidentale evidenziando ancora una volta la necessità di una rigorosa regolamentazione del settore finanziario.

Michael Pontrellidi Michael Pontrelli   
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