La Bolla dei Mari del Sud. Quando i politici inglesi guadagnarono dalla speculazione
Questo è FINANZA OSCURA il Podcast di Tiscali Risparmio che racconta le crisi e le truffe finanziarie più importanti della storia. In questa puntata parleremo della BOLLA DEI MARI DEL SUD, un episodio drammatico nella storia finanziaria britannica, diventata simbolo di speculazione e avidità. Si è svolta in Inghilterra nella prima metà del 1700, un periodo contrassegnato da instabilità economica e turbolenze politiche.
Le origini della bolla possono essere fatte risalire alla profonda crisi finanziaria della monarchia inglese, alle prese con un enorme debito pubblico dovuto alle diverse guerre in cui si era impegnata. Nel 1711 venne creata la South Sea Company con l’obiettivo di ridurre il costo del debito. I possessori vennero obbligati a cederlo alla nuova compagnia in cambio di azioni.Lo Stato inglese si impegnò a pagare un interesse annuo alla South Sea Company che sarebbe stato distribuito come dividendo agli azionisti. E in aggiunta a questo, alla South Sea Company venne garantito il monopolio del commercio con le colonie spagnole in America, una prospettiva redditizia che suscitò entusiasmo tra gli investitori.
L’inizio della bolla vera e propria avvenne però solamente nel 1720 in un clima di generale euforia per gli investimenti azionari. I dirigenti della South Sea Company per spingere il prezzo delle azioni iniziarono a diffondere notizie che gonfiavano il valore reale del potenziale giro d’affari con il Nuovo Mondo. Decisiva per la creazione della bolla fu anche la decisione di vendere ai politici britannici azioni della compagnia al prezzo corrente di mercato, ma senza chiedere l’effettivo pagamento. I politici avrebbero potuto successivamente vendere le azioni incassando semplicemente il profitto dovuto al rialzo dei prezzi. Fu una mossa molto abile perché da un lato legava l’interesse della classe politica a quello della compagnia e dell’altro, pubblicizzando i nomi dei politici nel novero degli azionisti, aumentava l’attrattività dell’investimento nel resto del mercato.
Gli effetti delle manipolazioni attuate dai dirigenti della South Sea Company non tardarono ad arrivare. Il prezzo delle azioni lievitò e in soli 5 mesi, da gennaio a fine maggio del 1720, passò da 128 a 550 sterline. Per sostenere le quotazioni, grazie al sostegno del Parlamento e del Re, venne anche creato un fondo di credito di 70 milioni di sterline per l’espansione commerciale della compagnia. Ad agosto del 1720 il prezzo delle azioni raggiunse il picco a quota 1000 sterline, frutto di una frenesia ormai di massa verso i titoli della South Sea Company.
Il crollo delle azioni iniziò a settembre del 1720 dopo l’annuncio, da parte dei direttori della compagnia, di una emissione di nuove azioni che avrebbe diluito il valore di quelle esistenti. Gli investitori si resero conto che il monopolio commerciale della South Sea Company non era cosi prezioso come era stato fatto credere loro e si scatenò una forte ondata di vendite che in poche settimane fece crollare il prezzo delle azioni a 200 sterline. Il ribasso proseguì però anche nel corso di tutto il 2021, portando il valore delle azioni sotto 100 sterline.
Analogamente a quanto avvenuto in Francia con la Bolla del Mississippi, lo scoppio della Bolla dei Mari del Sud ebbe conseguenze devastanti. I danni economici furono diffusi e per lungo tempo venne meno la fiducia degli investitori nei mercati finanziari.