Il default dei Tango Bond: un ballo tragico per migliaia di investitori italiani
Questo è FINANZA OSCURA il Podcast di Tiscali Risparmio che racconta le crisi e le truffe finanziarie più importanti della storia. In questa puntata parleremo del default argentino del 2001, uno dei tanti avuti dal paese sudamericano, ma il più drammatico per la portata delle conseguenze, soprattutto per migliaia di investitori italiani.
Dall’indipendenza nel 1816 l’Argentina ha avuto ben 9 fallimenti finanziari dello Stato. Cinque solamente negli ultimi 42 anni. In epoca moderna il primo si è verificato nel 1982, durante la dittatura militare, a causa di un'elevata inflazione e un ingente debito pubblico accumulato per finanziare la guerra delle Falkland.
Il secondo nel 1989, sotto la presidenza di Raúl Alfonsín, a causa dell'iperinflazione che raggiunse il 5.000% annuo. Il terzo, noto anche come il Grande Default, nel 2001, sotto la presidenza di Fernando de la Rúa, a causa di una profonda crisi economica e sociale.
La crisi del 2001 affonda le sue radici nelle due crisi precedenti ma anche nell’illusione, a metà degli anni ’90, sulla stabilizzazione finanziaria del paese. Illusione che spinse molti investitori internazionali, tra cui migliaia di italiani, a sottoscrivere le obbligazioni emesse da Buenos Aires, note anche come Tango Bond. Titoli che offrivano un rendimento allettante, necessario per spingere gli investitori a dare fiducia a un Paese tradizionalmente instabile.
L’illusione sulla stabilità dell’Argentina evapora però nel 1999 quando il Paese viene colpito da una durissima recessione, con il Pil in calo del 4%. E’ il preludio a una nuova drammatica crisi finanziaria che si aggrava nel 2001 con la fuga di ingenti capitali all’estero e con la corsa agli sportelli da parte dei risparmiatori.
Lo stato di panico generale spinge il governo presieduto da Fernando de la Rua a congelare i conti correnti per un anno. La decisione fa esplodere la protesta del popolo argentino che scende in piazza. Gli scontri tra i dimostranti e la polizia non si fermano e portano, nel dicembre del 2001, alla caduta del governo e alla nomina ad interim di Adolfo Rodríguez Saá. Una settimana dopo, Saà annuncia che lo Stato non è in grado di ripagare i debiti e dichiara il più grande default argentino del debito pubblico, per una cifra pari a 132 miliardi di dollari.
I titoli emessi dallo Stato, i Tango Bond, non vengono ripagati. Secondo alcune stime sono circa 450 mila i risparmiatori italiani coinvolti nel crack con perdite pari a ben 12,8 miliardi di euro. Investitori allettati dagli alti rendimenti promessi ma anche convinti dalle banche, che avevano consigliato i bond argentini come sicuri in quanto emessi da uno Stato sovrano.
Le banche italiane però si riscattano e nel 2002 otto istituti costituiscono l'Associazione per la Tutela degli Investitori in Titoli Argentini, nota anche come Task Force Argentina o T.F.A, per negoziare la ristrutturazione del debito e ottenere un risarcimento.
Non riuscendo a trovare capitali sul mercato per rifinanziare la spesa pubblica, il Governo argentino nel 2005 è costretto ad accettare la ristrutturazione del debito con la sostituzione dei titoli in circolazione con altri a un valore nominale del 30% rispetto a quello originario. Una parte degli investitori accetta ma altri iniziano una lunga causa che si risolverà solamente nel 2014 a sfavore di Buenos Aires e che provocherà un ulteriore default.
La partita si conclude però definitivamente solamente nel 2016. Il contenzioso tra l’Argentina e la Task Force delle banche italiane viene archiviato con un accordo che prevede il pagamento del 150% del valore nominale dei Tango Bond andati in default 15 anni prima. Il pagamento è stato riconosciuto ai 50 mila investitori rimasti fuori dai precedenti accordi, per un importo pari a 1,35 miliardi di dollari.