La prossima crisi finanziaria è già dietro l’angolo: ecco a chi tocca secondo il Washington Post
La nuova turbolenza potrebbe partire dal mercato immobiliare commerciale e coinvolgere ancora una volta le banche regionali americane

Per il noto premio Nobel all'economia Joseph Stiglitz, la crisi scatenata dal fallimento della Silicon Valley Bank conferma che l’America è sempre più fragile e incline ad essere bombardata da shock improvvisi.
Per il momento le autorità americane (Tesoro e Federal Reserve) sembrano aver scongiurato il peggio ma secondo il Washington Post una nuova bomba ad orologeria sarebbe pronta ad esplodere: gli immobili commerciali. Settore verso il quale sono esposte proprio le banche regionali americane finite nell’occhio del ciclone.
“Negli ultimi due decenni – ha spiegato il WP – gli istituti regionali sono cresciuti molto proprio grazie al boom dei prestiti concessi al settore immobiliare. La pandemia però ha fatto crollare la domanda perché molte aziende hanno adottato il nuovo modello organizzativo dello smartworking”.
“Fino ad ora – ha proseguito l’autorevole quotidiano – il settore non ha risentito dei cambiamenti perché i contratti di locazione degli immobili commerciali hanno una durata di medio-lungo termine. Milioni di contratti di locazione sono però in scadenza nei prossimi 2 anni ed è probabile che molte aziende non rinnoveranno i contratti o chiederanno condizioni molto più favorevoli”. Questo scenario comporterà un crollo del valore degli immobili commerciali con conseguenze devastanti per i costruttori e a catena per le banche creditrici.
Ancora una volta dunque, analogamente a quanto accaduto nel 2008, nel settore immobiliare potrebbe innescarsi una crisi capace di travolgere il sistema bancario.
Sempre secondo il Washington Post "alla Casa Bianca, al Dipartimento del Tesoro e alla Federal Reserve sono ben consapevoli dei potenziali rischi e stanno già esaminando il da farsi per prevenire una nuova pericolosa turbolenza”.
Quest’ultima notizia è sicuramente positiva ma conferma che l’analisi di Stiglitz è corretta: il sistema economico americano è diventato sempre più fragile e difficile da governare. Serve un cambio di rotta che per il premio Nobel all’economia deve partire dallo stop al rialzo dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve.
Per Stiglitz la corsa dei prezzi è stata alimentata principalmente da interruzioni dal lato dell’offerta (catena di approvvigionamento). Ulteriori aumenti dei tassi di interesse avrebbero effetti scarsi o nulli e causerebbero solo problemi di vasta portata.
Anche il noto economista spera dunque in un ripensamento da parte del presidente della Fed, Jerome Powell, invocato ormai da più parti e che sarebbe una boccata d’ossigeno per il settore finanziario. Il recente rialzo limitato a soli 25 punti base (0,25%) lascia ben sperare ma con un'inflazione che negli Stati Uniti viaggia ancora attorno al 6% nulla è scontato.
