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I numeri drammatici dell’economia USA che bisogna conoscere per capire la guerra di Trump 

Il cuore del problema della principale potenza mondiale è rappresentato dal cosiddetto deficit gemello, ovvero dal deficit commerciale e da quello di bilancio

Michael Pontrellidi Michael Pontrelli   
I numeri drammatici dell’economia USA che bisogna conoscere per capire la guerra di Trump 
Immagine creata con l'intelligenza artificiale di Grok

Gli Stati Uniti sono ancora la principale potenza mondiale. Hanno l’esercito più potente, l’economia più grande e Wall Street da sola vale circa il 65% della finanza globale. La Silicon Valley conserva la sua leadership nell’innovazione tecnologica, le università americane rappresentano l'eccellenza accademica e e l’industria culturale guidata da Hollywood non ha paragoni. Eppure nonostante questi e altri punti di forza il declino americano è evidente. E questo spiega l’aggressiva guerra commerciale scatenata da Trump. Secondo alcuni un tentativo disperato di rimettere in carreggiata gli Stati Uniti prima che sia troppo tardi. Cosa sta minando la potenza americana? Le risposte possono essere tante, una è di natura economica e ha a che fare con il cosiddetto deficit gemello

Deficit di bilancio esploso con il Covid 

Il primo dei due deficit gemelli è quello di bilancio. Il governo americano spende più di quanto incassa. Il deficit è esploso nel 2020 con la pandemia Covid, attestandosi al 14,7% del PIL. L’anno successivo (nel 2021, sempre nel pieno dell’emergenza sanitaria) si è attestato al 12,1%. A partire dal 2022 si è ridimensionato ma senza tornare ai livelli pre Covid. L’anno scorso (il 2024) è stato del 6,15%. Queste spese fuori controllo hanno fatto lievitare il debito pubblico al 123,3%. Giusto per avere un paragone, solamente nel 2019 era al 106,6%. I conti pubblici americani sono finiti fuori controllo. Complessivamente il debito ammonta a oltre 36 mila miliardi di dollari, una cifra mostruosa che ovviamente deve essere finanziata dai mercati. Solamente nel 2025 dovranno essere rifinanziati oltre 9 mila miliardi di titoli di Stato USA in scadenza. 

Il deficit commerciale e il flusso di capitali verso gli Stati Uniti 

Il secondo deficit è quello commerciale. Da sempre gli Stati Uniti importano più di quanto esportano. L’anno scorso il deficit ha superato 1100 miliardi di dollari, quasi il 4% del PIL. Per l’America questo non è mai stato un problema. In questo modo ha alimentato la crescita economica mondiale e legittimato la sua leadership politica. Il deficit commerciale è sempre stato compensato da un avanzo nei trasferimenti in conto capitale, ovvero gli Stati Uniti hanno goduto di un robusto flusso di capitali stranieri in ingresso. Capitali che in gran parte hanno finanziato il debito pubblico, ovvero sono stati utilizzati per acquistare il titoli di Stato emessi da Washington.  Questo meccanismo economico (ovvero deficit commerciale americano in cambio del finanziamento estero del debito pubblico) è di fatto quello che ha garantito l’ordine geopolitico mondiale degli ultimi decenni. Questo meccanismo si sta inceppando e questa spiega la guerra commerciale scatenata da Donald Trump.

Il nocciolo del problema: il finanziamento del debito pubblico USA 

Perché il meccanismo che garantiva il precedente ordine mondiale si è inceppato? Per due motivi. Il primo è che (come abbiamo visto prima) le dimensioni del debito pubblico a stelle strisce sono aumentate. E quindi di conseguenza sarebbe dovuto aumentare il flusso di capitali esteri in ingresso negli Stati Uniti. Il secondo motivo è che l’acquisto di bond americani si è invece ridotto. Il primo Paese che ha smesso di finanziare l’America è stata la Cina, che nel tentativo di sfidare la supremazia finanziaria di Washington ha smesso di acquistare bond USA, e quindi dollari, per riversare il proprio surplus commerciale nell’acquisto di oro. L'obiettivo di Pechino è minare la supremazia internazionale del dollaro come valuta di riserva. Se cade il dollaro, cade l'America. 

La guerra di Trump per sistemare il doppio deficit gemello 

Trump con l’introduzione dei dazi punta a rimettere le cose a posto. Da un lato punta a riequilibrare la bilancia commerciale per aiutare la manifattura americana, e dunque la classe operaia che ha avuto un ruolo decisivo nella sua elezione. Dall’altro usando le tariffe doganali come leva negoziale prova a costringere gli altri paesi a finanziare il debito USA sottoscrivendo titoli a lunga scadenza (fino a 100 anni). Ci riuscirà? Fare previsioni è difficile. L’unica cosa certa è che se l’operazione dovesse fallire l’unica via di uscita per l’America sarebbe una monetizzazione del debito, ovvero un nuovo quantitative easing della Federal Reserve che inevitabilmente destabilizzerebbe l'intera economia mondiale.

 

 

Michael Pontrellidi Michael Pontrelli   
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