Dazi e incubo recessione, a Wall Street un lunedì nero Nasdaq brucia mille miliardi
Giornata difficile per i mercati finanziari, con la Borsa di Milano che chiude in ribasso dello 0,95%. Il Ftse Mib ha terminato le contrattazioni a 38.225 punti, in una seduta caratterizzata da volatilità su tutti i principali listini europei.

Le tensioni sui mercati finanziari globali si intensificano a causa del timore di una guerra commerciale e di una possibile recessione negli Stati Uniti. Le Borse europee chiudono tutte in rosso: Milano perde lo 0,95%, Francoforte l’1,69%, mentre Wall Street subisce un crollo significativo.
Il Dow Jones cede il 2,08%, lo S&P 500 arretra del 2,7%, mentre il Nasdaq sprofonda del 4%, bruciando oltre mille miliardi di dollari di capitalizzazione. Il tonfo più eclatante è quello di Tesla, che perde il 15% in un solo giorno, penalizzata dal calo delle vendite in Cina e dall’impegno politico di Elon Musk, ritenuto dagli investitori una distrazione dalla gestione dell’azienda.
Apple, Amazon e Nvidia in caduta libera
L’ondata di vendite non ha risparmiato le altre Big Tech. Apple, Meta, Alphabet, Nvidia e Amazon perdono tutte oltre il 5%, mentre Microsoft limita le perdite al 3,5%. Anche il settore bancario soffre: Citigroup, Morgan Stanley e Goldman Sachs registrano cali superiori al 4%. A peggiorare la situazione, un massiccio cyberattacco contro X (ex Twitter), che Elon Musk ha definito “ben organizzato e probabilmente orchestrato da uno Stato”, aggiungendo ulteriore incertezza sui mercati.
Rischio recessione preoccupa investitori
Il Bitcoin crolla sotto la soglia degli 80.000 dollari, ai minimi da novembre, mentre il prezzo del petrolio WTI scende dell’1,51%, chiudendo a 66,03 dollari al barile. Il timore di una recessione globale spinge gli investitori a ridurre l’esposizione agli asset più rischiosi.
Borse sotto pressione
L’incertezza sulle politiche economiche dell’amministrazione Donald Trump è uno dei principali fattori che agitano i mercati. L’imposizione di dazi cinesi su prodotti agricoli americani e la minaccia dello stato canadese dell’Ontario di interrompere le forniture di elettricità agli Stati di New York, Minnesota e Michigan stanno alimentando i timori di una guerra commerciale totale.
Il presidente Trump, pur non escludendo esplicitamente una recessione, ha parlato di un periodo di “transizione e assestamento”, invitando alla calma: “Stiamo facendo grandi cose”, ha dichiarato, minimizzando gli allarmi. Tuttavia, il segretario al Commercio Howard Lutnick ha cercato di rassicurare i mercati affermando che "non ci sarà alcuna recessione", ma le sue parole sono state ignorate dagli investitori.
Le banche d’affari prevedono un rischio recessione crescente
Gli economisti di JPMorgan stimano un 40% di probabilità di recessione nel 2025, in aumento rispetto al 30% di inizio anno. Goldman Sachs ha rivisto al rialzo la probabilità di una recessione nei prossimi 12 mesi dal 15% al 20%, avvertendo che il rischio potrebbe aumentare se l’amministrazione Trump insisterà con le sue politiche economiche.
In casa Morgan Stanley, le previsioni di crescita sono state riviste al ribasso, mentre le aspettative di inflazione sono in rialzo, creando un pericoloso mix che potrebbe sfociare in stagflazione. La mancata smentita netta di Trump sull’ipotesi recessione (“detesto prevedere queste cose”), unita ai dati economici negativi e alla stretta monetaria, ha aumentato l’ansia sui mercati.
Cosa aspettarsi ora?
Il PIL USA potrebbe contrarsi del 2,4% nel primo trimestre, segnando la peggiore performance economica dall’era Covid, secondo le proiezioni della Fed di Atlanta. Se le tensioni commerciali e le incertezze politiche continueranno, la pressione sui mercati potrebbe intensificarsi ulteriormente. Gli investitori guardano ora alle prossime mosse della Federal Reserve e alle politiche economiche di Trump, nella speranza di segnali di stabilità che possano frenare la volatilità sui mercati finanziari.