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Perché Trump perderà la guerra commerciale con la Cina. La previsione del premio Nobel per l'Economia

Il noto economista Paul Krugman ha spiegato che l'America è destinata a fallire per l’incompetenza strategica dell'attuale amministrazione, che fraintende la natura del commercio internazionale, sottovaluta la dipendenza dell'America dalle importazioni cinesi e non può più contare sulla credibilità internazionale

Michael Pontrellidi Michael Pontrelli   
Perché Trump perderà la guerra commerciale con la Cina. La previsione del premio Nobel per l'Economia
Trump e Xi Jinping, foto creata con l'intelligenza artificiale di Grok

Paul Krugman è uno degli economisti più autorevoli a livello mondiale, noto soprattutto per i suoi studi sul commercio internazionale e le crisi finanziari. Contributi che nel 2008 gli hanno consentito di vincere il premio Nobel per l’Economia. Per oltre 20 anni è stato editorialista nel New York Times, ora pubblica le sue analisi su Substack. Nel suo ultimo articolo ha spiegato perché la guerra commercial scatenata dall’amministrazione americana contro la Cina è destinata a fallire. Cinque gli elementi fondamentali della sua analisi. 

Punto 1: incompetenza e mancanza di strategia

L’amministrazione Trump mostra una chiara incapacità di gestire una guerra commerciale, soprattutto contro la Cina. Non solo i suoi collaboratori non comprendono il commercio internazionale, ma mancano di obiettivi chiari. Le contromisure cinesi, come il blocco delle esportazioni di terre rare, colpiscono duramente le industrie e il settore militare USA. Inoltre, i negoziati con l’UE sono fallimentari, con gli europei confusi dagli intenti americani, evidenziando l’assenza di una strategia coerente.

Punto 2: errata concezione del commercio internazionale

Trump e il suo team fraintendono il commercio internazionale, credendo che l’obiettivo sia accumulare surplus esportando. In realtà, il commercio si basa sull’importazione di beni essenziali che sarebbero costosi o impossibili da produrre internamente. La Cina, consapevole di questo, ha un vantaggio: può sostituire le importazioni agricole dagli USA (es. soia dal Brasile), mentre gli Stati Uniti faticano a rimpiazzare componenti industriali cinesi, rischiando di danneggiare le proprie catene di approvvigionamento.

Punto 3: conseguenze economiche per gli USA

La guerra commerciale di Trump rischia di ricreare le carenze di approvvigionamento viste durante il Covid, alimentando inflazione e colpendo il settore manifatturiero che Trump intende rilanciare. Le esportazioni agricole USA verso la Cina sono vulnerabili, mentre i beni cinesi importati sono difficili da sostituire. Questo squilibrio dà alla Cina un vantaggio strategico, mentre l’economia statunitense non è preparata a gestire shock senza una leadership competente.

Punto 4: fallimento diplomatico e perdita di credibilità

Gli Stati Uniti non riescono a isolare la Cina attraverso negoziati commerciali con altri paesi, come suggerito da alcune fughe di notizie. La credibilità di Trump è compromessa: i suoi cambi di rotta improvvisi e la rottura di accordi commerciali precedenti rendono i governi stranieri scettici. Inoltre, nessun alleato europeo ha interesse a unirsi a una guerra commerciale che distruggerebbe le proprie catene di approvvigionamento, soprattutto considerando l’inaffidabilità di Trump.

Punto 5: vantaggi della Cina e debolezze strutturali USA

La Cina può mitigare l’impatto della perdita di esportazioni sostenendo i settori colpiti e stimolando la domanda interna, senza pressioni elettorali. Al contrario, gli USA dipendono da componenti cinesi cruciali, e la loro capacità di resistere è indebolita da un’amministrazione disorganizzata e da una deriva autoritaria. La perdita di valori democratici riduce ulteriormente la disponibilità di altri paesi a collaborare, isolando gli Stati Uniti.

Conclusione

La guerra commerciale di Trump è destinata a fallire per l’incompetenza strategica, la fraintesa natura del commercio internazionale, la dipendenza da importazioni cinesi e la perdita di credibilità globale. Questo non solo minaccia l’economia statunitense, ma riflette una crisi più profonda di leadership e valori democratici.

 

Paul Krugman
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