Pensioni, il governo guarda al modello scandinavo: come funziona e perché avvantaggia i giovani
Il processo di pensionamento sarebbe in due fasi per favorire la staffetta generazionale. Per renderlo operativo bisogna trovare le risorse
Quando non ci sono soldi sufficienti per risolvere i problemi economici serve creatività. E finalmente anche la politica italiana incomincia a muovere i primi passi in questa direzione, ipotizzando un nuovo percorso per accedere alle pensione. Percorso che in realtà non è una novità assoluta ma si ispira a quanto avviene nei paesi scandinavi, da sempre all’avanguardia sul fronte sociale.
Una conferma che sul fronte pensionistico il modello scandinavo è nei pensieri del governo è arrivata dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Cosa prevede il modello scandinavo? L’aspetto più rilevante è un processo di pensionamento in due fasi che favorisce la cosiddetta staffetta generazionale.
Nella prima fase il lavoratore prosegue la sua attività in azienda in modalità part time al 50%. Contemporaneamente però riceve la metà dell’assegno pensionistico in anticipo rispetto alle tempistiche di pensionamento in modo da non subire perdite consistenti di reddito. Durante questo periodo il lavoratore affianca e forma un giovane che poi sarà assunto dall’azienda al suo posto, e proprio per questo motivo si parla di staffetta generazionale. Terminata questa prima fase (e dunque l’addestramento del giovane lavoratore) quello anziano smette di lavorare e va in pensione percependo il 100% dell’assegno.
Quali sono le tempistiche della prima fase? Generalmente due anni. Dunque con riferimento al modello italiano che prevede un’età pensionistica standard di 67 anni, la prima fase part time potrebbe scattare a 65 anni.
L’idea è indubbiamente molto valida. Applicarla in Italia non sarà però una passeggiata perché servono soldi e come noto lo Stato non ne ha (o se ne ha li spende male come nel caso del Superbonus 110). A cosa servono i soldi? Per anticipare l’assegno pensionistico al 50%, per pagare i contributi mancanti a causa del part time nel periodo transitorio, affinché il lavoratore non sia penalizzato una volta in pensione al 100% e infine per incentivare le aziende ad assumere i lavoratori giovani a tempo indeterminato, una volta che sono stati formati.
Il governo italiano ci pensa ma per il momento non c’è un cronoprogramma per il varo della riforma. Sicuramente non sarà inserita nella legge di Bilancio in discussione e ben che vada bisognerà attendere almeno un altro anno.