Le banche centrali (Fed e Bce) hanno da tempo dichiarato guerra all’inflazione. La corsa dei prezzi ha rallentato rispetto ai valori altissimi raggiunti nel 2022 ma nonostante la frenata resta abbondantemente sopra l’obiettivo del 2%. Negli Stati Uniti è da oltre un anno stabilmente sopra il 3% e questo ha fatto raffreddare le attese per un imminente taglio dei tassi da parte della Fed. Nella Zona euro è scesa sotto il 3% ma resta ugualmente al di sopra del 2%. Quanto sta accadendo ha spinto diversi economisti a ipotizzare un cambio di paradigma economico: l’inizio di un lungo periodo caratterizzato da elevati tassi di interesse, necessari per contenere le spinte inflazionistiche. La delusione per il mancato taglio da parte di Fed e Bce potrebbe dunque durare ancora per molti mesi.
Come bisogna adattare le abitudini di investimento al nuovo scenario economico? Una risposta è arrivata da Schroders, multinazionale britannica di gestione del risparmio, che ha dato una serie di indicazioni da seguire “per non perdere la bussola”.
Non puntare su una recessione dell’America
Per Schroders i tassi di interesse attuali non spingeranno l’economia americana in recessione perché i pilastri economici statunitensi (consumatori, imprese e banche) non sono deboli.
Ridurre la sensibilità alla volatilità
Privilegiare gli investimenti a tasso variabile o con bassa duration (scadenze brevi) rispetto a quelli a lunga duration (scadenze lunghe) che risultano essere più sensibili all’andamento dei tassi e dunque più volatili. Questa strategia è ovviamente coerente con la visione che gli attuali livelli dei tassi elevati (soprattutto a breve termine) resteranno tali ancora a lungo a causa delle pressioni inflazionistiche.
Prepararsi a una divergenza nella politica delle banche centrali
Dopo anni di politiche globali allineate Schroders si aspetta una divergenza tra le banche centrali. I fondamentali che guidano le economie, come la crescita, la politica fiscale e la struttura del debito dei consumatori locali, sono diversi e comportano un minore coordinamento. Tradotto in termini più semplici: un taglio dei tassi è più probabile nella zona Euro rispetto agli Stati Uniti perché la crescita è inferiore e dunque anche le pressioni inflazionistiche sono meno forti.