Pensioni 2025, i requisiti resteranno invariati. Resta aperto il dibattito sulle uscite anticipate
Cresce l’allarme sui costi dell’assistenza. Nel 2023 l’Italia ha speso 583,7 miliardi di euro. Di questi, 267 sono stati destinati alle pensioni e 164 per l’assistenza, cresciuta esponenzialmente

Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha assicurato che i requisiti per la pensione non subiranno aumenti nel 2025. L’età di vecchiaia rimarrà fissata a 67 anni, così come gli anni di contributi richiesti per l’anticipata (42 anni e 10 mesi per gli uomini, 41 e 10 mesi per le donne). "Non ci sarà alcun decreto finché la politica non si esprimerà", ha dichiarato Giorgetti, confermando che ogni decisione definitiva sarà presa dopo la pubblicazione dei dati Istat prevista a marzo.
Possibili modifiche per il futuro
Il sottosegretario Claudio Durigon ha ribadito l’impegno a bloccare eventuali aumenti dei requisiti legati all’aspettativa di vita. Ha inoltre sottolineato che il sistema previdenziale non richiede interventi urgenti sull’età pensionabile o sugli anni di contribuzione.
Tra le proposte in discussione per il futuro figurano:
- Bloccare l’anzianità contributiva a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne
- Introdurre riduzioni per madri lavoratrici e lavoratori precoci
- Offrire un superbonus per chi sceglie di lavorare fino a 71 anni
Pensioni e rapporto lavoratori-pensionati
Il sistema pensionistico italiano si regge su un fragile equilibrio. Nel 2023, il rapporto tra lavoratori e pensionati è salito a 1,46, il miglior dato degli ultimi anni, ma ancora al di sotto della soglia di stabilità di 1,5. Il presidente del Centro studi Itinerari Previdenziali, Alberto Brambilla, ha evidenziato l’importanza di politiche attive per il lavoro e un’applicazione rigorosa degli stabilizzatori automatici, come l’adeguamento dei requisiti all’aspettativa di vita.
La spesa per l’assistenza supera quella previdenziale
Nel 2023, l’Italia ha speso 583,7 miliardi di euro per pensioni, sanità e assistenza. Di questi, 267,1 miliardi sono stati destinati alle pensioni, pari al 12,55% del PIL. Tuttavia, la spesa per l’assistenza è cresciuta tre volte più velocemente, raggiungendo i 164,4 miliardi. Coldiretti e altri osservatori richiamano l’attenzione sulla necessità di separare previdenza e assistenza per garantire una gestione più efficiente delle risorse.
Polemica sul simulatore INPS e l’aumento dei requisiti
Recentemente, la CGIL ha segnalato che il simulatore INPS aveva erroneamente aumentato di tre mesi i requisiti pensionistici. Questo errore ha generato un’ondata di polemiche, portando l’INPS a smentire e a correggere il sistema. Il simulatore aggiornato ora rispetta le tabelle ufficiali, eliminando i tre mesi aggiuntivi.
Chi avrebbe subito le maggiori penalizzazioni
L’aumento dei requisiti avrebbe colpito in particolare i nati nel 1960, che già erano esclusi da Quota 100. Inoltre, si sarebbe rischiato di creare nuovi esodati, ossia lavoratori che, aderendo a piani di isopensione, si sarebbero trovati senza tutele per alcuni mesi. Questo sottolinea l’importanza di una gestione chiara e stabile delle politiche previdenziali per evitare situazioni critiche.