Quota 103, vecchiaia, opzione donna, requisiti e rivalutazioni: come cambiano le pensioni. La nostra guida
La legge di Bilancio tiene banco prendendosi il suo spazio nel dibattito pubblico anche quest’anno, ma quali le novità? Cosa sapere e soprattutto come interpretare tutti i nuovi provvedimenti sulle pensioni? La guida in pillole
Il 2024 deluderà in parte le aspettative di chi si attendeva grosse novità, special modo in tema di pensioni. Se infatti la manovra prevede tutta una serie di costosi interventi di natura assistenziale, non contiene altresì provvedimenti per le politiche attive del lavoro quali ad esempio il super ammortamento dei costi per il personale assunto. Per quanto riguarda le pensioni, invece, la situazione per il nuovo anno permane simile a quella del 2023 – con «Quota 41» per il momento rimandata -, ossia andare a priori in pensione al netto degli anni anagrafici dopo quarantuno anni di servizio lavorativo regolare. Ma andiamo con ordine.
Pensione di vecchiaia
L’anno prossimo sarà possibile accedere alla pensione di vecchiaia con 67 anni di età e almeno 20 di contribuzione (cosiddetta quota 87); l’età anagrafica, che è adeguata all’aspettativa di vita, rimarrà 67 anni fino a fine 2024; nel 2025 sarà invece probabile un aumento a 67 anni e 2 o 3 mesi. La pensione di vecchiaia anticipata resta possibile con 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva indipendentemente dall’età anagrafica, che diventano 41 anni e 10 mesi per le donne.
Quota 103
La «Quota 103», introdotta in sostituzione di «Quota 102» del Governo Draghi, dal 2024 cambierà. Verranno infatti mantenuti i requisiti di 62 anni con 41 di contributi, ma c’è un “però” che ha fatto storcere il naso un po’ a tutti: l’intera pensione sarà calcolata con il metodo di calcolo contributivo anche per la parte di anzianità che fino a fine anno resta calcolata con il metodo retributivo. Semplificando al massimo, si intende con metodo retributivo il calcolo dell'assegno pensionistico sulla base delle ultime retribuzioni - quindi più vantaggioso per il lavoratore e la posizione professionale raggiunta negli anni - mentre con il metodo contributivo si tiene in considerazione l'ammontare dei contributi effettivamente versati nel complesso. Quindi ci sarà una perdita di valore calcolata in quasi il 6% sulle pensioni. Ma chi avrà già maturato i requisiti di «Quota 103» entro il 31 dicembre 2023 potrà richiedere la pensione nel 2024 e negli anni seguenti mantenendo le più favorevoli condizioni previste dall’attuale normativa. Discorso analogo per quanti abbiano maturato i requisiti di «Quota 100» e «Quota 102» negli anni precedenti.
Opzione donna
Opzione donna, che prevedeva la possibilità di pensionamento anticipato per le lavoratrici con 35 anni di contributi e 57 anni di età (58 per le autonome), con la legge per il 2023 è stata resa più restrittiva: nel 2024 potranno accedere, infatti, solo le lavoratrici (o licenziate) di aziende con tavolo di crisi aperto presso il Ministero, o donne con disabilità pari e oltre il 74% o, infine, lavoratrici che assistono da almeno sei mesi persone disabili conviventi. Il requisito anagrafico, rispetto allo scorso anno, passa da 60 a 61 anni d’età, sempre con 35 anni di contribuzione e si riduce di un anno per ogni figlio nel limite massimo di due anni (a 61 anni e non più 60 senza figli; 60 anni anziché 59 con un figlio e 59 anni anziché 58 con due o più figli).
Ape Sociale
L’Ape Sociale (che sta per anticipo pensionistico) verrà prorogata sino al 31 dicembre 2024 ma con maggiore requisito anagrafico: anziché con gli attuali 63 anni si potrà accedere alla prestazione con 63 anni e cinque mesi. Potranno accedere all’Ape Sociale i lavoratori disoccupati con almeno 63 anni e 5 mesi di età e 30 anni di contribuzione; le persone con 63 anni di età e 30 anni di contribuzione, con disabilità pari o oltre il 74% e i lavoratori con 63 anni di età, 30 anni di contribuzione e che assistono da almeno sei mesi persone disabili conviventi.
Pensioni dipendenti pubblici tagliate?
Sì, perché gli assicurati presso le ex casse di previdenza amministrate dal Tesoro (CPDEL, CPI, CPS e CPUG) in possesso di meno di quindici anni di contribuzione al 31 dicembre 1995 che andranno in pensione a decorrere dal 1° gennaio 2024 vedranno un abbattimento della propria rendita. Le attuali aliquote saranno sostituite con coefficienti meno generosi. Ciò potrebbe causare sul lungo termine effetti e conseguenze evidenti sulla rendita pensionistica di questa tipologia di lavoratori. La misura, tuttavia, è a rischio incostituzionalità in quanto viola il principio del pro-rata, ossia – come chiarisce l’Agenzia delle Entrate – quel fondamento al quale è possibile ricorrere solo nel caso in cui le operazioni IVA esenti siano funzionali all'esercizio dell'attività e non presentino carattere saltuario. Per chi è già in pensione, invece, non cambierà nulla.
Pensione anticipata, quando?
Per quanto concerne la pensione di vecchiaia anticipata dal 2025 potrebbe farsi spazio la possibilità che sia ottenuta con oltre 43 anni di contribuzione, e con il paradosso che a 67 anni di età e con solo 20 anni di contribuzione (quota 87) si può già accedere alla pensione che generalmente beneficia di soldi pubblici (incrementi vari per coloro che hanno versato pochi contributi e quindi poche tasse in 67 anni di vita) mentre con oltre il doppio degli anni – 42 - non si potrà accedere alla prestazione pensionistica. Secondo molti si tratterebbe di un paradosso sistemico. Per i cosiddetti “contributivi puri”, cioè per coloro i quali hanno iniziato a lavorare dall’1/1/1996 in poi, si ripristina infine la facoltà di riscattare i periodi non coperti da contribuzione entro un massimo di cinque anni, e tale punto rientra nella “pace contributiva”.
Pensioni: requisiti per il contributivo, indicizzazione e rivalutazione
La pensione a 64 anni e 20 anni di contributi registrerà alcune e ulteriori strette. L’assegno non potrà eccedere le cinque volte il minimo Inps (cioè circa 2.840 euro lordi al mese) sino al raggiungimento dei 67 anni (cioè l’età di vecchiaia). Oggi non c'è limite. Avrà una finestra mobile di tre mesi dalla maturazione dei requisiti, che oggi è invece assente. Il requisito contributivo di 20 anni dovrà però essere adeguato alla speranza di vita ISTAT. Sul fronte indicizzazione viene confermata la rivalutazione piena sino a quattro volte il trattamento minimo; quelli tra quattro e cinque volte si vedranno riconoscere l’85% del tasso di inflazione (a differenza del 90% circolato nelle prime bozze). Ci sarà invece una rivalutazione al ribasso degli assegni più elevati, oltre dieci volte il trattamento minimo, che attualmente riconoscono il 32% dell'indice ISTAT: nel 2024 la percentuale scenderà al 22%.
Per finanziare dunque l’aumento delle pensioni basse e parte della decontribuzione il cui costo stimato per il 2024 è di circa 15 miliardi, la legge di bilancio modificherà quella dello scorso anno inasprendo ulteriormente le penalizzazioni sulle rivalutazioni. La norma scritta dal ministro Giorgetti prevede infatti che la rivalutazione si applichi al valore più basso sull’intero importo: cioè ad esempio se la nostra pensione è pari a 8 volte il minimo verrà rivaluta interamente al 37% dell’inflazione, con una conseguente ed enorme perdita per i pensionati che la subiranno. Ricordiamo infine il valore delle pensioni minime nel 2023 che al momento è di 563,74 euro (cresciuto del 7,3% rispetto al 2022), ma che maggiorato del 6,4% per gli over 75 diverrebbe 599,82 euro.