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Le tre priorità dell'Europa per rispondere al nazionalismo di Trump e liberarsi dall'egemonia americana

La presidente della Commissione europea da Davos ha risposto alle minacce del neo presidente degli Stati Uniti ma ora servono i fatti

Michael Pontrellidi Michael Pontrelli   
Le tre priorità dell'Europa per rispondere al nazionalismo di Trump e liberarsi dell'egemonia americana
Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea (foto Ansa

Il mondo intero si prepara al nazionalismo aggressivo di Donald Trump e alla nuova stagione dei dazi commerciali. Anche l’UE non resta a guardare e attraverso la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha lanciato un messaggio molto chiaro a Washington: l’Europa è aperta al dialogo ma è pronta a difendere i propri interessi. Tradotto in termini più chiari: se Washington esagera con i dazi e con l’aggressività il Vecchio Continente è pronto a liberarsi dall'egemonia americana. Ma per farlo davvero non bastano le parole, servono anche i fatti che purtroppo in Europa mancano da tanto tempo. 

Il discorso di Ursula: andare oltre gli amici di lunga data

"L'Europa cercherà cooperazione non solo con amici di lunga data che la pensano allo stesso modo, ma con qualsiasi paese con cui condividiamo interessi", ha detto Von der Leyen durante il suo discorso ufficiale al Forum Economico Mondiale di Davos, in Svizzera. Ha suggerito che, per affrontare sfide come il cambiamento climatico e l'intelligenza artificiale, i paesi devono lavorare insieme anche in un contesto di "dura competizione". "Il nostro messaggio al mondo - ha proseguito - è semplice: se ci sono benefici reciproci all'orizzonte, siamo pronti a collaborare con voi. Se volete potenziare le vostre industrie di tecnologie pulite, se volete migliorare la vostra infrastruttura digitale, l'Europa è aperta al commercio". 

Pronti al dialogo con gli USA ma proteggendo gli interessi europei

Von der Leyen non si è ovviamente dimenticata di citare espressamente gli Stati Uniti e ha sottolineato la stretta integrazione dell’economia americana con quella europea. Ha fatto notare che molti lavoratori americani sono impiegati da aziende europee e che le catene commerciali e di approvvigionamento sono strettamente legate tra loro. E’ poi arrivato il passaggio più importante nel quale il capo dell'esecutivo europeo ha di fatto mostrato i muscoli a Trump.  "Molto è in gioco per entrambe le parti. La nostra prima priorità sarà di impegnarci presto, discutere gli interessi comuni e essere pronti a negoziare. Saremo pragmatici, ma staremo sempre fedeli ai nostri principi, proteggeremo i nostri interessi e sosterremo i nostri valori perché questo è il modo europeo". "Sebbene alcuni in Europa possano non gradire questa nuova realtà - ha detto ancora Von der Leyen - siamo pronti ad affrontarla". 

L’Europa cerca benefici reciproci con la Cina  

La presidente della Commissione europea ha infine chiarito anche la politica europea nei confronti della Cina, ovvero della seconda potenza economica mondiale, con la quale non sono mancate tensioni negli ultimi mesi soprattutto sul fronte delle auto elettriche. “Dovremmo mirare a benefici reciproci” ha dichiarato Von der Leyen lasciando intravedere l’avvio di una nuova fase.  “Il 2025 – ha proseguito - segna 50 anni di relazioni diplomatiche della nostra Unione con la Cina. Lo vedo come un'opportunità per impegnarsi e approfondire la nostra relazione e, ove possibile, persino espandere i nostri legami commerciali e di investimento. È tempo di perseguire una relazione più equilibrata con Pechino".

La svolta di Bruxelles è vera o è solo un bluff?

Il messaggio della Von der Leyen rivolto a Donald Trump è abbastanza chiaro, ma è troppo presto per poter parlare di una “rivolta” dell’Unione Europea nei confronti degli Stati Uniti. Ribellione che probabilmente sarebbe appoggiata da una grossa fetta dei cittadini europei, stanchi del dominio americano sul Vecchio Continente che ormai dura dalla fine della seconda guerra mondiale e che con Trump rischia di diventare brutale. Purtroppo però non basta un discorso a Davos per essere ottimisti, perché l’Europa è al momento molto fragile.

L'Europa ha bisogno di essere compatta 

I motivi della debolezza europea sono noti da tempo. I principali paesi continuano a rimanere divisi e anche ora, di fronte alla minaccia dei dazi di Trump, si teme che i membri della UE possano muoversi in ordine sparso. Tra i principali indiziati c'è l’Italia, che grazie ai buoni rapporti di Giorgia Meloni con Trump e Elon Musk, potrebbe avere un canale privilegiato. Ma è evidente che sarebbe un clamoroso errore. L’Europa ora più che mai ha bisogno di essere compatta e di ricominciare a pensare in grande, sganciandosi finalmente dal dominio di Washington per poter affermare i propri valori più autentici che sono diversi da quelli americani. 

Le strade da percorrere per il rilancio 

I modi per rilanciare l’Europa non mancano. A fine 2024  Mario Draghi ha presentato alla Commissione un piano di 400 pagine per stimolare la crescita e la competitività. La strategia dell’ex presidente della BCE prevede anche la creazione di debito comune europeo e questo sarebbe davvero un punto di svolta nella creazione di una Europa unita. Soprattutto se le risorse comuni venissero utilizzate per promuovere l'indipendenza dagli Stati Uniti sul fronte delle nuove tecnologie. A differenza di quanto fatto da Cina e Russia, l'Europa non è stata in grado di sviluppare piattaforme digitali alternative a quelle americane e anche sul fronte dell'intelligenza artificiale siamo praticamente assenti. 

Secondo aspetto fondamentale è il riarmo del Continente, perché è impensabile sganciarsi dall’egemonia americana senza avere la possibilità di difendersi autonomamente. La politica internazionale richiede anche realismo. E, infine, terzo pilastro di un eventuale riscatto europeo è sicuramente un riposizionamento geopolitico che, come spiegato dalla Von der Leyen, si apre alla cooperazione con tutti i paesi del mondo e non solo con gli amici di lunga data. Dunque un approccio diverso con la Cina ma anche con la Russia, perchè la storia più volte ha dimostrato che può esserci sintonia tra Mosca e l'Europa. Questi tre fatti sarebbero l’unico modo per contenere il nazionalismo aggressivo americano, che con Donald Trump sta pericolosamente trovando nuova linfa.

Michael Pontrellidi Michael Pontrelli   
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