La mancanza di risorse non ferma la riforma del fisco: cosa cambierà, chi guadagnerà e quanto

Ormai è chiaro a tutti: i soldi a disposizione del governo per mantenere le promesse elettorali non ci sono. Il rallentamento della crescita economica (complice il rialzo dei tassi da parte della Bce per contrastare l’inflazione) ha fatto saltare il banco. Nonostante il dimagrimento delle risorse a disposizione l’esecutivo sarebbe però determinato a portare avanti la riforma fiscale iniziando dal primo gradino: la riduzione degli scaglioni Irpef da 4 a 3.
L’idea è quella di accorpare i primi due scaglioni (cioè quelli che riguardano i redditi fino a 28 mila euro) con un’aliquota unica del 23%. Salterebbe pertanto l’aliquota del 25% applicata da 15 mila a 28 mila euro. Chi ci guadagna e quanto? E’ facile capire che per i redditi più bassi (quelli fino a 15 mila euro) non cambierebbe nulla. A guadagnarci sarebbero i redditi da 15 mila euro in su in modo incrementale.
Secondo alcune stime della Fondazione nazionale commercialisti il guadagno massimo (dai 28 mila euro di reddito in su) sarebbe di 260 euro netti all’anno. Anche per i più fortunati i benefici tutto sommato sarebbero dunque modesti: poco più di 21 euro al mese. Cifra che certamente non cambia la realtà economica delle famiglie italiane alle prese con una perdita del potere di acquisto superiore al 20% negli ultimi due anni, a causa dell’inflazione. Cifra che per i redditi medi (che ugualmente beneficerebbero dell’accorpamento delle aliquote) è irrisoria e inutile.
Complessivamente l’introduzione delle 3 aliquote costerebbe circa 4 miliardi di euro. Non sarebbe forse meglio destinare queste somme per interventi mirati davvero importanti? Anziché disperderli a pioggia su milioni di cittadini non sarebbe preferibile utilizzarli per aiutare chi davvero sta male o per intervenire su una sanità sempre più allo sbando e in mano alle prestazioni private?
Il problema è che il taglio delle tasse è diventato da tempo uno dei capisaldi della narrazione populista dominante in Italia. Un problema che riguarda tutti gli schieramenti politici, non solo l’attuale governo di centrodestra. Il bonus di 80 euro è stata la bandierina più importante del governo Renzi ma non ha certamente cambiato la realtà economica italiana e non è servito ad impedire il declino politico dell’ex segretario del Pd. Stessa sorte è toccata al governo Conte. Nonostante l’introduzione di massicci bonus a pioggia per tutti ha perso le ultime elezioni politiche. E stesso destino toccherebbe a chi si illude che come d’incanto i problemi degli italiani si risolverebbero introducendo la flat tax.
Se i cittadini pagano meno tasse ma come conseguenza si ha che i servizi pubblici scompaio o diventano di pessima qualità (sanità, scuola, sicurezza, trasporto pubblico, strade e così via), l’effetto finale è peggiorativo per il benessere della collettività.
Il modello per l’Italia non deve essere quello dell’Argentina dove le tasse sono state addirittura azzerate per il 99% dei lavoratori, che però devono fare i conti ogni mese con un’inflazione percentuale a doppia cifra (oltre il 120% su base annuale). Il modello dovrebbe essere quello delle nazioni più avanzate del mondo, che sulla base di tutti i possibili indicatori socio economici esistenti sono i paesi scandinavi, dove le tasse sono alte (tra le più elevate del mondo) ma i servizi pubblici sono eccellenti.
Prima di accorpare aliquote o introdurre la flat tax si potrebbero fare altre cose importanti a basso costo. Perché non introdurre una detrazione fiscale per l’acquisto dei libri scolastici? Oltre che essere un aiuto economico per le famiglie avrebbe anche un alto valore simbolico in quanto indirizzerebbe il Paese verso quello di cui c’è davvero bisogno per uscire dalla tremenda crisi in cui siamo caduti: riprendere a coltivare la formazione e il talento dei giovani.
Non invertiamo il declino inesorabile a cui sembriamo condannati con 20 euro in più al mese in busta paga. E’ una illusione. E’ fumo negli occhi. Invertiamo il declino solo se cambia la mentalità e la cultura dei cittadini. Solo se si riprende a dare importanza alla responsabilità, al conoscere, al saper fare, al talento. Cose (valori) di cui purtroppo i politici non parlano perché richiedono anche sacrifici da parte delle persone e non portano voti.