L’agenda economica di Trump preoccupa gli economisti e fa tremare Giorgia Meloni
I punti più importanti da conoscere del programma economico del nuovo presidente americano e quanti punti percentuali del PIL potrebbe costare all'Italia
La vittoria di Donald Trump è stata accolta con entusiasmo da Wall Street. Il Dow Jones ha chiuso con un rialzo del 3,57%. Molto bene anche il Nasdaq (+2,95%) e lo S&P500 (2,53%). Dati alla mano gli investitori hanno dunque promosso The Donald e la sua agenda economica. Ma cosa prevede il piano economico del nuovo inquilino della Casa Bianca? Per capirlo bisogna guardare alle cose dette in campagna elettorale. L’agenda ha l’obiettivo di rimodellare radicalmente l’economia statunitense attraverso tagli fiscali, riduzione delle normative, pesanti dazi sui prodotti esteri e l'espulsione di milioni di immigrati.
Le misure più importanti (e attese) sono tre: L'imposizione di dazi del 60% o superiori sulle importazioni cinesi e di un'ampia tariffa fino al 20% sulle importazioni da tutti i paesi. L'estensione del Tax Cuts and Jobs Act del 2017, che scadrà nel 2025, mantenendo aliquote fiscali ridotte per i redditi alti e le imprese. L'eliminazione delle imposte su mance e straordinari, sulle retribuzioni di poliziotti, vigili del fuoco e veterani, e sui benefici della Social Security. Ha anche proposto di rendere deducibili dalle tasse i prestiti per l'acquisto di automobili.
Cosa pensano gli economisti di questo piano economico? Su un punto esiste un consenso generalizzato: se attuata integralmente l'agenda economica di Trump potrebbe alimentare l'inflazione e aumentare il deficit della spesa pubblica.
E questo spiega perché il T-Bond a 10 anni (ovvero il titolo di Stato americano che ha una durata di 10 anni) anche ieri dopo l’annuncio della vittoria di Trump ha proseguito la sua corsa al rialzo che ormai dura da circa due mesi. Nonostante la Fed (la banca centrale americana) abbia iniziato a ridurre i tassi di interesse, il rendimento del decennale è risalito dal 3,6% al 4,4%. Il motivo è semplice: il mercato sta scontando una inflazione più alta, esattamente quello che prevedono gli economisti.
Dazi più elevati potrebbero portare infatti a un aumento dei prezzi dei beni importati. Secondo un'analisi della National Retail Federation pubblicata poco prima delle elezioni, ciò costerebbe ai consumatori fino a 78 miliardi di dollari l'anno.
Gli economisti (ma anche i mercati) sono preoccupati anche per il debito pubblico che potrebbe finire fuori controllo a causa di un nuovo massiccio taglio delle tasse finanziato in deficit. Attualmente, il debito pubblico degli Stati Uniti ammonta a circa 34 trilioni di dollari (34 mila miliardi) ovvero il 122% del PIL. Secondo alcune stime, nel 2024 gli interessi passivi ammonteranno a circa il 2% del PIL, una cifra che supera le spese destinate alla difesa nazionale e che rappresenta un massimo storico. Un ulteriore aumento del deficit farebbe inevitabilmente lievitare il costo di finanziamento di questo debito (ovvero il rendimento dei titoli di Stato americani) e metterebbe a rischio la sostenibilità dei conti pubblici. L'America rischia di finire in un circolo vizioso che noi italiani conosciamo molto bene.
Altro tema importante dell’agenda di Trump è l’espulsione di milioni di immigrati irregolari. Se realizzata questa misura potrebbe influire sull'economia riducendo la forza lavoro, in particolare nel settore dell'edilizia residenziale, portando probabilmente a un aumento dei costi abitativi nel lungo periodo.
Novità importanti ci saranno infine sul fronte della green economy. The Donald ha ribadito la sua contrarietà alle politiche di transizione ecologica. La nuova agenda economica prevede il sostengo delle fonti energetiche tradizionali (petrolio, carbone e gas naturale) in quanto necessarie per promuovere la crescita economica e l'indipendenza energetica degli Stati Uniti.
L’agenda di Trump impatta sull’Italia? Ovviamente sì. L'America è la principale potenza economica del mondo e tutto quello che succede alla sua economia ha ripercussioni in ogni angolo del pianeta e dunque anche sull'Italia. C’è però un punto in particolare che preoccupa il nostro paese: l’inasprimento dei dazi.
Il rialzo delle tariffe penalizza le economie esportatrici come quella italiana che ha negli Stati Uniti un importante mercato di sbocco. Nel 2023, le nostre esportazioni Oltreoceano hanno raggiunto un valore record di 72,9 miliardi di dollari, con una crescita del 5,4% rispetto all'anno precedente
Noi rischiamo dunque di essere duramente colpiti dallo scoppio di un eventuale conflitto commerciale tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti. Secondo alcune stime della banca d’affari americana Goldman Sachs una guerra dei dazi potrebbe bruciare fino a un punto percentuale del PIL italiano. Uno scenario che ovviamente mette i brividi al governo di Giorgia Meloni perché renderebbe ancora più difficile tenere i conti pubblici a posto (siamo ormai sotto il faro dell’Europa) e di conseguenza realizzare le tante promesse fatte in campagna elettorale.